Giuseppa Eleonora Barbapiccola
a cura di Anna Negri
Giuseppa Eleonora Barbapiccola (1700?-1740? ) è stata una poetessa, traduttrice e filosofa iscritta all’Accademia dell’Arcadia.
«Ed in vero, senza scorrere il Libro delle chiare Donne del Boccaccio, o altro che delle scienziate Donne facci argomento, a chi non è noto, purché contezza se ben mediocre della Storia egli abbia, quanto in ogni Età le Donne nella varia Letteratura si son segnalate?» G. E. Barbapiccola, I Principi della Filosofia di Renato Des Cartes
Vita e formazione
Giuseppa Eleonora Barbapiccola nacque a Salerno, nipote del predicatore domenicano Tommaso Maria Alfani. Non possediamo informazioni dettagliate sugli anni della sua giovinezza, sulla sua famiglia d’origine e sulla sua educazione, probabilmente circoscritta nella Napoli illuministica. Di modesto e timido carattere, secondo Ginevra Canonici Fachini (1824), studiò con particolare interesse le lingue, il latino (forse anche il greco) e il francese, e la filosofia, scelta consapevolmente fra le scienze per la sua funzione civile. Morì a Napoli intorno al 1740.
Attività letteraria
A Napoli, e non solo, divenne celebre nel 1722, quando diede alle stampe la sua traduzione dal francese («col confronto del Latino in cui l’Autore gli scrisse») de I Principi della Filosofia di Cartesio. Fu accolta nell’Accademia dell’Arcadia nel 1728 con il nome pastorale di Mirista Acmena e scrisse componimenti che compaiono in alcune raccolte d’occasione della colonia Sebezia, come i Componimenti de’ Pastori Arcadi della colonia Sebezia in lode delle reali nozze di Carlo di Borbone (1738). Si tratta prevalentemente di sonetti, ai quali si affiancano una canzone (Alma pigra, che fai? odi l’eletta) e una vena trattatistica riscontrabile nella prefazione dei Principia cartesiani.
Luoghi di produzione e relazioni intellettuali
Napoli fece da sfondo alla sua maturazione intellettuale, soprattutto grazie alla sua assidua frequentazione del salotto di Giambattista Vico a seguito della fama giuntale dalla traduzione. Strinse così una salda amicizia con la figlia del filosofo, Luisa, testimoniata da un sonetto del 1731 che le dedica affinché possa rimettersi presto da un malanno, e che si legge, compreso di risposta dalla destinataria, nella raccolta Vari componimenti per le felicissime nozze degli eccellentissimi signori D. Tommaso Caracciolo marchese di Casalbore […] e D. Ippolita di Dura de’ duchi d’Erce (1732). La prefazione del volume del 1722 testimonia una grande conoscenza del panorama coevo nazionale (in seno all’Accademia dell’Arcadia e non solo) e internazionale, all’interno del quale non conosciamo con certezza – per mancanza di fonti – la rete di relazioni che la poetessa riuscì a tessere, specie in virtù della sua abilità di traduttrice. L’Onomasticon dell’Accademia dell’Arcadia ne registra l’iscrizione alla colonia romana, indizio di un importante riconoscimento al di là dei circoli napoletani, e Gherardo De Angelis la ricorda in un sonetto contenuto nelle sue Rime scelte del 1731.
Poetica e pensiero
I componimenti di Barbapiccola risentono del gusto classico dell’Arcadia e manifestano un particolare apprezzamento della lingua italiana, utilizzata con l’intento di renderla accessibile a molti e molte. Pure in tal senso, le pagine de La traduttrice a’ lettori – la lunga prefazione alla traduzione dal francese – assumono il carattere di un vero e proprio manifesto e si aprono così: «Non vorrei che da prima incontrandovi Voi nel Titolo di questo Libro, e veggendo essere Opera di una Donna, l’aveste alle Conocchie, a’ Fusi, ed alle Tele a mandare». Ponendo l’accento sul valore della giusta educazione, l’autrice recupera l’esperienza di illustri studiose di tutti i tempi – a partire da Saffo e Ipazia e arrivando alle coeve poetesse d’Arcadia e ad Aurelia d’Erce – per scardinare il preconcetto dell’inferiorità delle donne, secondo il quale «le occupazioni donnesche altro non esser debbano, che imparare il Catechismo, la cucitura, e diversi piccioli lavori, cantare, ballare, acconciarsi alla moda, far bene la riverenza, e parlar civilmente». Sulla scorta delle idee cartesiane, che aveva abbracciato per via dei «sodissimi Ragionamenti» e del «chiaro Metodo» che la fondavano, spiega le ragioni della sua traduzione, fedele alla lingua dell’autore e alla modulazione latina, e scrive che «Io m’invogliai di tradurla in italiano per farla ad altri molti partecipe, in particolare alle Donne, le quali, al dire dello stesso Renato in una sua Pistola, meglio che gli Uomini alla Filosofia atte sono».
Critica e ricezione
Nei suoi Studi vichiani (1927), Giovanni Gentile sminuisce l’opera di Barbapiccola come mero esempio della fortuna che Cartesio ebbe in Italia nel Settecento napoletano, sottolineandone il carattere imitativo. Negli anni Quaranta, a ricordarla sono stati i curatori di due dizionari biobibliografici usciti per l’Istituto Editoriale Italiano Bernardo Carlo Tosi: Francesco Orestano, in Eroine, ispiratrici e donne d’eccezione (1940), ne riporta informazioni errate relativamente al nome (la chiama Ginevra Eleonora) e all’anno di pubblicazione dei Principia (1729 anziché 1722); Maria Ferrari Bandini Buti, nei suoi due volumi di Poetesse e scrittrici (1941-1942), prova invece a porre l’accento sul suo rilievo intellettuale. La figura di Giuseppa Eleonora Barbapiccola, oggi, risulta ancora poco studiata, soprattutto nell’ambito dell’Italianistica: gli studi più recenti la annoverano, infatti, tra le donne di scienza del Settecento italiano, come nei casi di Paula Findlen o di Marilyn Ogilvie. I contributi più recenti, dei primi anni Duemila, si sono soffermati prettamente sul dibattito cartesiano del XVIII secolo, nel quale Barbapiccola si inserisce, e sulla cultura meridionale di cui si fa esponente.
Opere
I Principi della filosofia di Renato Des-Cartes. Tradotti dal francese col confronto del latino in cui l’autore gli scrisse da Giuseppa-Eleonora Barbapiccola tra gli Arcadi Mirista, in Torino per Francesco Mairesse, 1722.
Componimenti in lode del padre Michelangelo da Reggio di Lombardia cappuccino predicatore nel Duomo di Napoli nella quaresima dell’anno 1729 di Giambattista Vico, in Napoli per Stamperia di F. Mosca, 1729.
Componimenti de’ Pastori Arcadi della colonia Sebezia in lode delle reali nozze di Carlo di Borbone […] colla serenissima principessa Maria Amalia Walburga di Sassonia, in Napoli, 1738.
Bibliografia
Findlen Paula, Giuseppa Eleonora Barbapiccola, in The Contest for Knowledge. Debates over Women’s Learning in Eighteenth-Century Italy, a cura di Rebecca Messbarger e Paula Findlen, Chicago-London, The University of Chicago Press, 2005.
Orestano Francesco, Eroine, ispiratrici e donne di eccezione, Roma-Milano, Istituto Editoriale Italiano Bernardo Carlo Tosi, 1946 [1940].
Sanna Manuela, Un’amicizia alla luce del Cartesianesimo: Giuseppa Eleonora Barbapiccola e Luisa Vico, in Donne filosofia e cultura nel Seicento, a cura di Pina Totaro, Roma, CNR, 1999.
Simili Raffaella, In punta di penna. Donne di scienza e di cultura fra cosmopolitismo e intimità meridionale, in La scienza nel Mezzogiorno dopo l’unità d’Italia, a cura di AA.VV., Napoli, Rubettino, 2008.